Cari lettori di waterpolotrebbo, come già sapete, alcuni mesi fa la mia avventura al Cus Palermo si è interrotta per via del burrascoso rapporto col mio allenatore. Ho atteso in silenzio la fine del campionato e adesso per il rispetto che ho per questo sport e per il mio quarto di secolo di carriera sento il dovere di scrivere alcune cose.
Cose che fra l’altro riguardano un tema importante: quanto conta la figura di un allenatore nello sport ed in particolar modo nella pallanuoto? A mio parere molto. Un tecnico diventa bravo se riesce a crescere il suo gruppo di lavoro attraverso la pratica, la metodologia del lavoro in acqua e a secco, ma diventa bravissimo se riesce a instaurare un rapporto di fiducia col suo gruppo, a creare una sinergia forte con i suoi atleti perché questi ultimi si sentano stimati e valorizzati. Un allenatore ha molteplici compiti. Imprescindibile corollario di tutto ciò è la disciplina e tanto dei vari soggetti che compongo il team quanto quella dello stesso mister. Vi domanderete se io sia impazzito? Mi taccerete d’essere fuori luogo, di compiere un autogol clamoroso ma credetemi state sbagliando perché purtroppo queste cose non sono così scontate quanto si creda e non si acquisiscono automaticamente insieme alla qualifica di allenatore.
Lei, dal primo momento che sono giunto a Palermo, mi ha in pratica fatto la guerra cercando di dipingermi per l’atleta che non sono. Vorrei solo conoscere le motivazioni. Eppure avevo accettato con entusiasmo la sua chiamata, c’eravamo incontrati a Savona ed ero rimasto colpito dal suo entusiasmo e dal suo progetto ambizioso di voler portare in alto il Cus. È bastata una stretta di mano ed io ero al settimo cielo perché credevo alle sue parole ed ero stuzzicato di giocare con atleti che hanno sempre ben figurato a Palermo. Inoltre, avevo appena declinato un’offerta della Campolongo Salerno, fattami da mister Citro. Purtroppo tutto sì è dimostrato inutile e stucchevole. Evidentemente una stretta di mano non ha lo stesso valore per chiunque. Io sono un sentimentale un uomo viscerale, ma sono caduto nel suo trabocchetto. Volevo comunque ringraziarla perché questa esperienza mi ha formato ulteriormente facendomi capire che posso benissimo intraprendere la carriera dell’allenatore, visto che il mio bagaglio tecnico me lo consente, ma soprattutto ho capito che devo continuare a giocare perché ho l’entusiasmo e la passione di un ragazzino nonostante i miei 43 anni. Sappia anche che per lei questa è stata una sconfitta a livello umano perché non avrà più il piacere di allenare un atleta come me. Si ricordi dove sono nato, dove ho giocato e con chi mi sono confrontato in questi 26 anni. Lei è riuscito a millantare che il Trebbo le mettesse la sua squadra contro. Io unisco non disgrego, cerco di trasformare la negatività in positività, quando indosso la calotta della mia squadra il mio compagno diventa mio fratello e dò l’anima per lui in acqua. A mente fredda ora capisco che per lei questi valori non esistono. Le chiacchiere che ha fatto sino ad ora stanno a zero, le consiglio piuttosto di non trovare altri capri espiatori ma di affrontare i suoi atleti guardandoli negli occhi, senza svilirli alle spalle, purtroppo però questo non fa parte del suo bagaglio umano. Per favore si faccia un lungo esame di coscienza senza pensare d’essere l’inventore della pallanuoto a Palermo, forse solo così crescerà come allenatore.
Con affetto il Trebbo, testa e cuore sempre.